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Amelia Etlinger: An American Original

Visual Poems from 1972 to 1983

dal 7 Giugno al 28 Settembre 2019

Osart Gallery è lieta di presentare una retrospettiva dedicata ad Amelia Etlinger (New York, 1933 – 1987). Come suggerisce il titolo della mostra, l'artista di origini americane, è stata una delle esponenti femminili della cosiddetta Mail Art. Includere Amelia solo all'interno della corrente della Mail Art sarebbe però riduttivo. Amelia si è sempre riconosciuta nel ruolo di poetessa attraverso il quale ha assorbito concetti ed idee non solo di Poesia Concreta ma anche di Poesia Visiva e Fluxus.

<< Non ne so nulla di arte – afferma Amelia - e non capisco la pittura. La mia formazione si basa soltanto sulla poesia. In principio scrivevo racconti condividendoli con un'amica che mi disse: “Amelia dovresti fare la poetessa..” All'età di 29 anni cominciai a scrivere. Cominciai a scrivere perché dovevo farlo...>>

 

Le opere in mostra, realizzate tra il 1972 e il 1983, hanno una particolarità in comune. Infatti, provengono, per la maggior parte dalla Collezione di Mirella Bentivoglio. Quest'ultima, come dimostrano le missive qui esposte, aveva stretto una forte ed intensa amicizia con Amelia Etlinger che si è poi sviluppata anche nell'ambito artistico come documentano le diverse partecipazioni dell'artista di Clifton Park (NY) alle mostre curate dalla Bentivoglio. Ricordiamo, soprattutto, la collettiva Materializzazione del Linguaggio del 1978 realizzata in occasione della Biennale di Venezia alla quale, oltre ad Amelia Etlinger, parteciparono altre 79 artiste tutte donne.

Oltre alla collezione Bentivoglio è importante citare quella di Ugo Carrega, grande sostenitore della poetica di Amelia tanto da farla esporre presso la sua galleria (Il Mercato del Sale) nel 1974. Ugo una volta mi scrisse che “Un filo può esprimere quanto una parola e un pezzo di corda può fare lo stesso.”

Il linguaggio artistico della 'poetessa' trova il suo punto di partenza in una delle attività tipiche della tradizione del mondo femminile del 900: il cucito. All'interno di questo mondo fatto di fili colorati e intrecciati, Amelia aggiunge elementi delicati perlopiù tratti dal mondo naturale come i fiori che raccoglie dietro casa, le foglie, i semi, le piume, i petali di fiori (spesso di rose) felci e bacche etc..

Il suo vocabolario è costruito tramite diversi strati di materiali diversi. Pur non trattandosi né di scultura né di pittura, ci troviamo comunque di fronte ad un arte tridimensionale grazie all'utilizzo di scatole di piccole e medie dimensioni spesso contenenti altri pacchettini – packet boxes – che racchiudono all'interno o spesso anche all'esterno una poesia, lettere dentro buste contenenti diversi livelli di carta assemblata con tessuti quali: chiffon sfilacciato, organza, jacquard, carta velina, cellophane colorato, e anche se più rari gli arazzi. Un esperto conoscitore del lavoro di Amelia li descrive così: “I lenzuoli della Etlinger sono sudari fioriti in cui le lacrime sono nappi e frange e filati d'organza. 

La stima e l'affetto che ella ha nei confronti dei suoi 'Friends of Love' - destinatari delle sue corrispondenze (oltre a Mirella Bentivoglio e Ugo Carrega, ricordiamo Betty Danon, Mike Belt e Ellen Marie Helinka) - si manifesta attraverso l'alfabeto di fili sopra descritto e l'utilizzo di vocaboli come “My Dear Friend”, My Friend of Love, With all my Love, o l'utilizzo del simbolo del cuore disegnato o sempre cucito con i suoi adorati fili. 

La delicatezza e la fragilità dei materiali aiuta a definire la vera essenza della sua poesia che, pur partendo da una tecnica collegata da sempre ad uno dei passatempi femminili, è capace di entrare in connessione con ognuno di noi perché parla con sacralità e finezza, non solo di poesia ma di amore, di bellezza, di libertà e di sogni ma anche di dolore e sofferenza. Amelia è un'artista che ha scelto di lavorare in privato, spesso al di fuori dagli spazi espositivi e pre questo si presenta così fragile e delicata come i suoi fili come un tesoro raro da salvare e da proteggere che vale la pena conoscere e approfondire.

 

 

La mostra è realizzata in collaborazione con la Galleria L'Elefante di Treviso.

Si ringraziano Debora Laura, and Judith Etlinger, Ellen Marie Helinka e l'Università di Buffalo.

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