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Cinque cose che (forse) non sai su Piero Fogliati

Piero Fogliati (1930-2016) è stato un artista poliedrico. Ha incluso nel suo lavoro la tecnologia, la luce, il suono e gli elementi atmosferici. I suoi progetti, dal respiro ambientale, coinvolgono lo spettatore a livello multisensoriale e si spingono a vagliarne i limiti percettivi.


Piero Fogliati con gli Ermeneuti, 1988

1. Chiamava i suoi disegni "Fissazioni": in essi si trovavano i progetti e le idee per le macchine che avrebbero dovuto costituire la Città fantastica. La qualità della carta non gli interessava, visto che la funzione dei disegni era quella di registrare le sue visioni e allo stesso tempo di appuntare, nero su bianco, ogni dettaglio dei suoi visionari progetti. Spesso i disegni sono accompagnati da didascalie che ne descrivono il contenuto con una innata vena poetica. Qui sotto per esempio Fogliati spiega il funzionamento di macchinari per la trasformazione dei rumori della terra in suoni: "I suoni che provengono dalla terra, accumulati nei grandi contenitori, saranno, quando carichi, diffusi con sorpresa sulla città fantastica".

Piero Fogliati, I suoni che provengono dalla terra, 2003

2. Ha coniugato fin dagli anni Sessanta la tecnologia con la sperimentazione artistica, giungendo a immaginare una Città fantastica.

Il suo uso dei mezzi tecnologici era una vera e propria contestazione nel segno della fantasia "per una ristrutturazione globale dell'ambiente". Grazie all'uso di strumenti tecnici, Fogliati immagina la creazione di oggetti fantastici capaci di trasformare i rumori della città in eventi sonori unici. Uno di questi è il Fleximofono. Esposto per la prima volta nel 1970 con il titolo di Scultura sonora e poi ribattezzato con il titolo definitivo da Arrigo Lora-Totino, esso è costituito da lunghe molle fissate ad una piastra metallica che fa da cassa di risonanza. Le molle, vibrando, lasciano che la luce filtri attraverso di esse, e producono esiti sonori inaspettati.

Piero Fogliati, Ambiente di Fleximofoni (dettaglio)


3. Alcune sue opere nascono dalla collaborazione con Arrigo Lora-Totino, che gli suggerisce anche molti titoli per le sue opere.

A partire dal 1968, Fogliati concepisce una serie di opere che Lora-Totino utilizza nella declamazione delle sue poesie, come l'Idromegafono, il Liquimofono, il Tritaparole e il Mozzaparole. Si tratta di sculture costituite da tubi metallici ricurvi, entro i quali far passare vari elementi liquidi.

Il Liquimofono, per esempio, è un organo ad acqua costituito da diversi risonatori, i cui suoni sono regolabili attraverso dei rubinetti da idraulico. Fogliati lo chiamava "congegno generatore di musica liquida".


Arrigo Lora-Totino e Piero Fogliati con Liquimofono

4. Il sogno di colorare la pioggia mentre cade lo ha spinto verso nuove sperimentazioni luminose, fin dalla metà degli anni Sessanta.

Tra le idee messe in campo per la Città fantastica, c'era quella di attribuire agli eventi atmosferici comportamenti inaspettati, capaci di destare la meraviglia senza mai risultare banali. Non riuscì mai a colorare la pioggia, ma da quella prima idea nacque la Luce sintetica, chiamata anche Luce fantastica. Si tratta di una luce in grado di colorare gli oggetti mentre sono in movimento, grazie alla rapida successione dei colori di fronte al fascio luminoso. Quando l'oggetto illuminato è fermo, i nostri occhi tendono a creare una sintesi tra i colori, e la luce sembrerà bianca. Quando invece l'oggetto è in movimento, la luce si scompone, svelando cangiantismi inaspettati.

Fogliati include la Luce sintetica in molti lavori successivi, tra cui il Proiettore per cromocinetismi (Prisma meccanico), lo Svolazzatore cromocangiante e il Rivelatore cromocinetico.


Piero Fogliati, Proiettore per cromocinetismi, 1972

5. Fogliati si serve della tecnologia e dei meccanismi della percezione per creare fenomeni luminosi che sfidano la nostra lettura della realtà. Prendiamo per esempio l'Edicola delle apparizioni, esposta per la prima volta alla Biennale di Venezia del 1986: si tratta dell'unica installazione luminosa dell'artista a non essere astratta. Le figure (lettere, parole, immagini di oggetti e persone) appaiono e scompaiono fugacemente nell'aria. In realtà, esse sono proiettate su due bacchette verticali, installate a circa 60 cm l'una dall'altra. I movimenti incontrollati dei nostri occhi (chiamati "movimenti saccadici") tenderanno a spostarsi rapidamente da una bacchetta all'altra, e la nostra mente potrà quindi ricostruire le immagini tra esse.


Piero Fogliati, Edicola delle apparizioni, 1985-1986






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